Di Elena
Galvani e Jacopo Laurino
Gentilissimo
Professor Rauzi,
grazie
per il suo post. Grazie per il tempo dedicatoci, per l’attenzione con cui ha
letto il copione che Giacomo Sartori ha tratto assieme a noi dal suo romazo
omonimo. Grazie per l’acutezza della sua analisi.
Di
seguito alcuni pensieri sparsi, stimolati dalle sue riflessioni.
Tutto è male. Non c’è
dubbio, Sacrificio è una tragedia, ed
è dominata da quella che Nemi D’Agostino chiama la “visione tragica”, ossia
l’intuizione del lato più oscuro della vita, della realtà, dell’uomo. Dunque
niente risposte, soluzioni o messaggi, ma domande. Sguardo lucido e coraggioso,
capace di sondare l’arido vero. Secondo
noi, niente che abbia a che vedere col cinismo o con una compiaciuta
spietatezza di analisi. Al contrario analisi sofferta, senza sconti ma con
profonda pietà umana. E forse basta questo a rendere ogni vera tragedia un atto
di amore costruttivo, senza tirare in campo la Poetica di Aristotele, con la sua esigenza fuorviante di
razionalizzare l’irrazionale, o meglio di trovare un intento educativo e morale
nell’opera tragica che in realtà non lo prevede.
Cecità. Non è un caso che i ragazzi che
hanno partecipato al casting di Sacrificio abbiano lavorato su alcuni monologhi del Re
Lear di Shakespeare, che è forse la tragedia moderna per eccellenza. Lear è
diventato vecchio senza diventare saggio, quindi appare incapace di conoscere
se stesso e gli altri; il vecchio Gloucester inizia a vederci chiaro solo dopo
essere stato accecato (topos
letterario con illustri precedenti): tutti gli errori capitali, che portano
alla catastrofe finale, nascono da questa ignoranza, da questa cecità. Allora i
personaggi tragici sbagliano proprio perché sono privi della “visione tragica”?
Forse la risposta sta proprio nel proverbio che ricorda pronunciato dalla sua
nonna: “no gh’è pù orbo de quel che no vol veder”. Sembra essere proprio così
per i personaggi di Sacrificio:
l’intuizione tragica della complessità del reale non è purtroppo accompagnata
dal vigore e dal coraggio positivo di affrontare tale complessità. È questo il
problema nodale, perché i personaggi di Sacrificio
sono fiaccati nella volontà e non hanno la forza di imparare dagli errori
propri e da quelli dei genitori, proseguendo sulla strada che – è evidente a
tutti – condurrà alla catastrofe.
Gli errori dei genitori. Sono
interessantissime le sue riflessioni sull’afasia dei genitori (per inciso, il
tema del rapporto padri-figli è un altro dei motivi per cui abbiamo lavorato in
fase di provini sul Re Lear). È
soprattutto illuminante la sua intuizione sul fatto che l’incapacità di
trasmettere memoria è forse legata alla volontà di non trasmettere una memoria
che si vorrebbe nascondere, una memoria su cui grava un inquietante tabù. Ci permetta
di aggiungere che in alcune nostre note di regia avevamo riflettuto su come il
rapporto tra gli zii e Marta e Diego potesse addirittura diventare simbolo della
difficoltà della giovane generazione italiana che troppo spesso si sente
privata del futuro, perché invischiata in una melma di problemi accumulati (non
saggiamente!) dalle generazioni che l’hanno preceduta e ormai percepiti come
irrisolvibili.
Verosimile e idealtipico. Secondo noi in
Sacrificio c’è tanto di particolare e
locale; più di quanto possa sembrare. C’è tanto di una valle secondaria del
Trentino (e non escludiamo di dare alla lingua italiana usata da Giacomo Sartori
una musicalità dialettale, in particolare nei personaggi degli zii), ma non c’è
dubbio che l’dealtipico prevalga, spostando l’attenzione dalla vicenda
particolare ad una vicenda umana più generale. Questa è una delle cose che per
prime ci hanno affascinato leggendo il romanzo, quando il testo teatrale ancora
non esisteva.
Infine lo slow theatre. Crediamo fermamente che la vera
risposta positiva stia nell’operazione culturale, nel metodo produttivo (che
chiamiamo slow theatre) che coinvolge
profondamente il territorio con una rete eterogenea e compatta di soggetti
attivi nella costruzione dello spettacolo. Insieme a tutti i 220 ragazzi che
hanno deciso di iscriversi al casting e ai settanta che hanno lavorato su Re
Lear per poter affrontare con maggior consapevolezza Sacrificio... insieme a questa grande squadra speriamo davvero di
dare quello “schiaffo” da lei auspicato, che possa svegliare senza “’nsemenir”.
Elena
e Jacopo
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