venerdì 23 novembre 2012

In risposta al post di Pier Giorgio Rauzi.

Di Elena Galvani e Jacopo Laurino

Gentilissimo Professor Rauzi,
grazie per il suo post. Grazie per il tempo dedicatoci, per l’attenzione con cui ha letto il copione che Giacomo Sartori ha tratto assieme a noi dal suo romazo omonimo. Grazie per l’acutezza della sua analisi.
Di seguito alcuni pensieri sparsi, stimolati dalle sue riflessioni.

Tutto è male. Non c’è dubbio, Sacrificio è una tragedia, ed è dominata da quella che Nemi D’Agostino chiama la “visione tragica”, ossia l’intuizione del lato più oscuro della vita, della realtà, dell’uomo. Dunque niente risposte, soluzioni o messaggi, ma domande. Sguardo lucido e coraggioso, capace di sondare l’arido vero. Secondo noi, niente che abbia a che vedere col cinismo o con una compiaciuta spietatezza di analisi. Al contrario analisi sofferta, senza sconti ma con profonda pietà umana. E forse basta questo a rendere ogni vera tragedia un atto di amore costruttivo, senza tirare in campo la Poetica di Aristotele, con la sua esigenza fuorviante di razionalizzare l’irrazionale, o meglio di trovare un intento educativo e morale nell’opera tragica che in realtà non lo prevede.


Cecità. Non è un caso che i ragazzi che hanno partecipato al casting di Sacrificio abbiano lavorato su alcuni monologhi del Re Lear di Shakespeare, che è forse la tragedia moderna per eccellenza. Lear è diventato vecchio senza diventare saggio, quindi appare incapace di conoscere se stesso e gli altri; il vecchio Gloucester inizia a vederci chiaro solo dopo essere stato accecato (topos letterario con illustri precedenti): tutti gli errori capitali, che portano alla catastrofe finale, nascono da questa ignoranza, da questa cecità. Allora i personaggi tragici sbagliano proprio perché sono privi della “visione tragica”? Forse la risposta sta proprio nel proverbio che ricorda pronunciato dalla sua nonna: “no gh’è pù orbo de quel che no vol veder”. Sembra essere proprio così per i personaggi di Sacrificio: l’intuizione tragica della complessità del reale non è purtroppo accompagnata dal vigore e dal coraggio positivo di affrontare tale complessità. È questo il problema nodale, perché i personaggi di Sacrificio sono fiaccati nella volontà e non hanno la forza di imparare dagli errori propri e da quelli dei genitori, proseguendo sulla strada che – è evidente a tutti – condurrà alla catastrofe.

Gli errori dei genitori. Sono interessantissime le sue riflessioni sull’afasia dei genitori (per inciso, il tema del rapporto padri-figli è un altro dei motivi per cui abbiamo lavorato in fase di provini sul Re Lear). È soprattutto illuminante la sua intuizione sul fatto che l’incapacità di trasmettere memoria è forse legata alla volontà di non trasmettere una memoria che si vorrebbe nascondere, una memoria su cui grava un inquietante tabù. Ci permetta di aggiungere che in alcune nostre note di regia avevamo riflettuto su come il rapporto tra gli zii e Marta e Diego potesse addirittura diventare simbolo della difficoltà della giovane generazione italiana che troppo spesso si sente privata del futuro, perché invischiata in una melma di problemi accumulati (non saggiamente!) dalle generazioni che l’hanno preceduta e ormai percepiti come irrisolvibili.

Verosimile e idealtipico. Secondo noi in Sacrificio c’è tanto di particolare e locale; più di quanto possa sembrare. C’è tanto di una valle secondaria del Trentino (e non escludiamo di dare alla lingua italiana usata da Giacomo Sartori una musicalità dialettale, in particolare nei personaggi degli zii), ma non c’è dubbio che l’dealtipico prevalga, spostando l’attenzione dalla vicenda particolare ad una vicenda umana più generale. Questa è una delle cose che per prime ci hanno affascinato leggendo il romanzo, quando il testo teatrale ancora non esisteva.

Infine lo slow theatre. Crediamo  fermamente che la vera risposta positiva stia nell’operazione culturale, nel metodo produttivo (che chiamiamo slow theatre) che coinvolge profondamente il territorio con una rete eterogenea e compatta di soggetti attivi nella costruzione dello spettacolo. Insieme a tutti i 220 ragazzi che hanno deciso di iscriversi al casting e ai settanta che hanno lavorato su Re Lear per poter affrontare con maggior consapevolezza Sacrificio... insieme a questa grande squadra speriamo davvero di dare quello “schiaffo” da lei auspicato, che possa svegliare senza “’nsemenir”.

Elena e Jacopo

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